Monte Alto e Alpe di Succiso

Lunghe creste affilate, grandi panorami, la sorgente di un fiume, tanto verde.
Appennini Tosco emiliani, con le Apuane poco lontano a dominare l'orizzonte; il verde dei bosci e dei prati a farla da padrone, lunghe creste anche molto sottili, la sorgente del fiume Secchia e tanti piccoli rii che scavano profonde valli incassate, montagne interessanti, isolate, Appenninini a tutto tondo ma dalla spiccata personalità che ne fanno posti da visitare e non perdere assolutamente.


L’escursione ai laghi di ieri non ha lasciato segni nelle gambe e il meteo dopo averci tirato uno scherzo ci regalava la giornata ideale, eravamo nella condizione migliore per provare questo impegnativo lungo giro. Otto anni erano passati da quando a caccia del 2000m più a Nord dell’Appennino feci questo quasi anello e mi è rimasto nella memoria come poche altre escursioni; volevo ripeterlo e soprattutto volevo farlo vivere e conoscere a Marina che tante volte lo ha vissuto dai miei racconti, volevo rifarlo integralmente tranne i tratti di ferrata che superano gli speroni intorno al Passo di Pietra Tagliata, non li avevo capiti allora e oggi non riesco a trovare il senso per ripeterli, oltre non avere senso non trovo che aggiungano valore, tratti brevissimi, aggirabili facilmente e in pochi minuti, e soprattutto in un contesto paesaggistico che li pone davvero come inutile esercizio e fuori dal vero focus di interesse. Santo Google maps, ci risparmiamo un giro lunghissimo per raggiungere la provinciale del Cerreto, direttamente da Succiso Nuovo dove dormiamo si stacca una stradina perfetta che non conoscevo, dal passo minimo, in alcuni tratti se si incrocia una seconda auto (abbastanza improbabile) c’è il rischio di doversi impegnare in qualche manovra, supera il passo della Scalucchia (1364m.) e quello di Pratizzano (1243m.), 23 chilometri e qualche migliaio di curve che si coprono in circa 45 minuti; panorami stupendi sull’Alpe di Succiso e sulle estese e ripide praterie che rilassano mente e anima, si oltrepassa un bucolico paesino di agricoltori, Vallisnera e all’altezza di Collagna ci si immette sulla SS63 del Passo del Cerreto. Il passo che si raggiunge poco dopo è già molto frequentato come in tutto il periodo estivo, le moto la fanno da padrone; parcheggiamo nell’ampio piazzale ( è saggio chiedere il “permesso” a chi si trova al bar dell’albergo dal momento che chissà perché il parcheggio risulta a loro riservato) e già di fronte si apre tutto il grande giro che abbiamo in programma; il monte Alto, la sua ripida dorsale e l’Alpe di Succiso che si alza dietro e che da qui è visibile sono nelle sue doppie cime e nell’attiguo monte Casarola, un 2000m mancato per soli 22 metri. Il sentiero parte alle spalle dell’albergo, in pratica dietro i tavoli del giardino, evidente è l’imbocco che si infila da subito nel bosco e attraversa poi folte praterie di cespugli di lamponi dove gli alberi lasciano il posto a delle radure; aggira monte Ospedallaccio (lo si tiene a sinistra), usciti dalla boscaglia il monte Alto ci è praticamente sopra molto verticale, una ampia radura erbosa fa confluire la traccia una marcatissima carrareccia che sale da Sassalbo e che altro non è che l’antica via dei Lombardi, forse un adattamento ai Longobardi che pare l’abbiano costruita o ampliata e sicuramente utilizzata come via di scorrimento tra Tirreno e Adriatico. Pochi minuti dopo l’incrocio si raggiunge il Passo dell’Ospedalaccio (40 min.), una ampia sella di confine tra Toscana ed Emilia. Sul passo (1292m.) si erge un cippo che risale al periodo napoleonico, eretto per una pura formalità tra "Empire Français" a sud e Regno d'Itala a nord (regnava su entrambi lo stesso Napoleone). La storia racconta che il cippo fu recuperato dal bosco in cui era stato gettato dopo la restaurazione del 1815 ad opera di alcuni abitanti di Sassalbo ma che per sfregio scalpellarono via la scritta sul versante del Regno d'Italia. Dal cippo, voltando a sinistra si imbocca in salita il sentiero 00 che inizia ad inerpicarsi fuori dal bosco sulle pendici del M. Alto. Sulla segnaletica accanto all’indicazione del sentiero per il monte Alto uno zelo non eccessivo di qualche escursionista ha fatto scrivere a pennarello un allarmante “molto pericoloso”, potrebbe salvare qualche escursionista poco allenato alle creste sottili e alle esposizioni da blocchi e momenti di panico. Breve tratto di bosco e breve tratto di ripido scoperto fino a raggiungere le pendici del monte Alto dove c’è un consistente salto di pendenza, un incrocio sulla destra col sentiero 671 per le sorgenti del fiume Secchia segna l’inizio verticale del tracciato. La traccia che sale ripidissima è poco marcata ma sempre intuibile, pochi i segnali nel tratto erboso, aumenteranno considerevolmente nel tratto roccioso e di cresta; dall’incrocio col sentiero 671 il dislivello repentino da superare prima da raggiungere le evidenti rocce su in alto è di circa 450 metri, una volta raggiunte le rocce ciò che mancherà alla vetta sarà solo un dettaglio ininfluente tante altre saranno gli accidenti e i piaceri cui badare. Tanta è la pendenza che saliamo lentissimi, sorprende per la pendenza accentuata la linea di salita se ci si volta indietro, bella la vista verso il prospicente Monte Nuda e l’incassato canale dell’Acqua Torbida, piccolo rio che scende nel versante Ovest e che crea sottili fiumane tra il bosco, la linea di orizzonte ad Ovest è speciale oggi, è formata dallo skyline delle Alpi Apuane, siamo decisamente a Nord. Lente ma arrivano le prime rocce (+1,30 ore), e con queste i primi affacci sulla valle delle sorgenti del Secchia, una incredibile conca erbosa che sale ripida e si chiude sulle fasce di arenaria delle creste che la chiudono, un circolo che dal punto in cui siamo, attraverso la cresta fino al monte Alto ancora lontano, i tanti speroni rocciosi intorno al passo di Pietra Tagliata e la lunga dorsale erbosa fino alla sommità del Succiso si chiude sul monte Casarola dalla parte opposta. Che luogo magnifico! Si tira il fiato e a Marina ritorna il sorriso, ma non sa ancora cosa l’aspetta, non gli ho ben descritto il tratto di cresta fino alla vetta del monte Alto, so che è alla mia e alla nostra portata per cui non mi sono fatto problemi per non rovinargli la sorpresa. Attacchiamo la cresta, che si va via via facendo più stretta, passaggi di versante, cenge larghe e appoggiate alla roccia, frequenti facili arrampicate e vari passaggi sul filo di cresta; poi momenti di sentiero su prato e si ricomincia, ogni volta avvicinandosi ai tanti salti su roccia dove non è mai chiaro il punto di ingaggio. Frequenti le esposizioni, in molti casi accentuate, occorre molta la concentrazione, la stanchezza della salita nemmeno si avverte più ed è sostituita da tanto divertimento. La vetta del monte Alto sembra non si avvicini mai, davanti abbiamo un bel arco di cresta con vari sali e scendi, tutti con le loro piccole arrampicate, una elevazione è più marcata potrei definirla l’anticima dell’Alto, il monte Tecchio dei Corvi (1856m.) che dà il suo bel da fare. Un canalino ampio e appoggiato misto roccia ed erba è assistito da una corda ben ancorata, l’uscita è di quelle che ci si trova su un predellino, poco spazio e devi subito metterti in piedi su una linea strettina. Una figata ma anche un impegno da non sottovalutare, i versanti scivolano via ma basta non guardarli e rimane concentrati. La discesa da Tecchio è forse un po' più complicata, sottilissima la linea di cresta, a sinistra il versante fugge verticale a destra è più appoggiato ma su lastre di arenaria levigatissima e sono pochi e sottili gli appoggi. Con cautela si passa il primo, poco più avanti il secondo tratto del tutto simile è leggermente più facile ma l’adrenalina appena accumulata lo rende lo stesso ostico, si atterra sul sentiero e tutto passa; poco oltre, scorrendo sotto la placca, quasi sulla sella, inchiodato alla roccia un cartello scritto a mano indica che si sta affrontando un sentiero per esperti con tratti esposti e pericolosi. Dice il vero, per molti sarà anche banale, ma se si è abituati ad avere sotto i piedi una traccia formata il tratto che si va a percorrere va preso con molta serietà e concentrazione, esiste la possibilità di rimanere bloccati se non si è abituati a certe situazioni. La sella e la dorsale si allarga in un pratone ripido, il sentiero incassato tra l’erba alta sale una cinquantina di metri con frequenti tornanti ed è il preludio alla cima del monte Alto, che una volta che la dorsale si appiatta di nuovo non è più di duecento metri lontana. Crocevia di sentieri questa cima (+1,30 ore), semplice, nessuna croce, un paletto con la scritta “Monte Alto 1904m.” ed una palina con le indicazioni delle direzioni dei sentieri che da lì scendono; centrale ad un complesso di montagne e di lunghe creste, poco frequentata e solitaria, a predominare il verde intenso tutto attorno e tutto mi richiama le montagne di casa, i Sibillini. La Apuane ad Est sono una presenza importante anche se confuse nella foschia della giornata calda, monte Nuda nella parte opposta della valle ha un discreto fascino col suo catino erboso contenuto da una cresta rocciosa, la sagoma del Cusna svetta sui profili ad Ovest e poco più a Nord si impongono vicine le prossime mete, il già citato Alpe di Succiso e il vicino Casarola dalle moli davvero importanti. A Nord, continuando la dorsale da dove siamo venuti continua la lunga e bella dorsale dei Groppi di Camporaghena che si elevano nella vicina Punta Buffanaro per continuare poi fino al monte Acuto dove sono presenti altri brevi tratti di ferrate, li ho saputo non aggirabili. E’ un bel vedere, profili nuovi, montagne interessanti tutte da scoprire. Sostiamo un po' in vetta, per rilassarci, risposare e scaricare il poco di adrenalina accumulata, sono già più di 700 i metri di dislivello superati, l’Alpe là di fronte è lontana e più alta, nel mezzo la sella del passo di Pietra Tagliata che scende di circa duecento metri, meglio non pensarci e gustarsi la soddisfazione di aver salito questo bella cresta. Dal momento che non siamo nemmeno a metà del percorso la sosta non dura molto, riprendiamo a scendere la ripida costa verso il passo di Pietra Tagliata, seguiamo la traccia fino al passo, non saliamo i diversi torrioni attrezzati, una sorta di parco giochi per chi si vuole sentire “alpinista della domenica”; li aggiriamo agevolmente nel versante opposto a quello delle sorgenti del Secchia fino a riprendere la lunga salita verso l’Alpe, altri trecento metri di dislivello da superare su un traccia bel definita, sempre calpestabile e senza le difficoltà del monte Alto in ogni caso sempre a tagliare pendii notevoli. Una serie di gobbe ci sposta la cima di continuo, meglio sposta le nostre aspettative che volevano a quel punto solo tirare il fiato di nuovo, tra una gobba e l’altra la cima col cippo e il globo che contiene una madonnina si palesa vicina, soli duecento/trecento metri che ci sembrano duecento chilometri, un tratto di sali scendi e un’ultima irta salita ci dividono. La cima dell’Alpe è un arco erboso sottile (+2 ore), un insieme di poco marcate elevazioni, un globo di acciaio con una madonnina all’interno ed un più “normale” cippo la marcano, ce la gustiamo a lungo, ci consumiamo i panini che ci hanno preparato in agriturismo e finalmente ci rilassiamo e soprattutto riposiamo. Per quello che conta è il 176° 2000m dell’Appennino per Marina. Il paese di Succiso Nuovo che ci ospita è sul versante opposto da dove siamo saliti, in fondo alla dorsale che scende a Nord e oltre il bosco che lo sovrasta, sembra molto vicino e scopriremo più tardi che per raggiungerlo servirebbe solo un’ora e mezza, meno della metà di quanto ci aspetta per raggiungere l’auto al passo del Cerreto. Ci consoliamo con la bellezza della linea di salita scelta indubbiamente unica e “diversa”. Dopo una quarantina di minuti di pigrizia ripartiamo per il rientro, ci aspetta una interminabile discesa è pochissimi tratti di leggera salita, come dire che il più è fatto ma non provo manco a dirlo temendo la reazione di Marina. In quasi costante leggera discesa si continua sulla bella dorsale ad Ovest, verso il monte Casarola fino alla sella che dal monte prende il nome; qui si potrebbe prendere a sinistra per Succiso, la tentazione di imboccarlo è grande se non fosse per l’auto da recuperare al passo del Cerreto. Dalla sella un sentiero prende a destra, taglia incassato nell’erba alta tutto il versante e scende veloce fino a raggiungere il centro del vallone che precipita dal circolo delle vette dell’Alpe, virando a sinistra inizia a scendere senza respiro verso la radura nel bosco sottostante dove si intuisce la sottile traccia; da lì a poco rimpiangeremo la salita, è normale sognare le discese, dimenticandosi però sempre quanta sofferenza provochi il dover trattenere la spinta della discesa. La linea dove siamo saliti all’Alpe, il vallone ripido e verde intenso sono uno spettacolo e ripagano molto, quasi consolano dalla stanchezza. Raggiungiamo il bosco, finalmente un tratto in piano che fa respirare le ginocchia, all’ingresso del bosco tiriamo il fiato, la discesa e l’assenza di ventilazione combinati col sole che se pur opaco picchia non poco ci hanno fiaccato. Il bosco non è altro che un tratto secondario di una dorsale che scende dall’anticima dell’Alpe, immediatamente si prende a scendere di nuovo all’interno di una traccia scavata in una sorta di fosso asciutto, sconnesso e comunque a tratti ripido, dura poco ma sempre troppo per come siamo ormai stanchi. Il sentiero traversando il versante sempre ben segnalato atterra nel vallone che scende del passo di Pietra Tagliata, dove si trovano le sorgenti del fiume Secchia. Incassata valle, il versante del monte Alto scende verticale e a tratti “placcoso”, anche il sentiero che raggiunge il passo si chiude in alto in stretti e frequenti tornanti che per fortuna non fanno parte del nostro percorso. Atterrati a valle incrociamo quasi subito il placido rigagnolo, uno dei tanti che solcano la valle e che compongono le sorgenti del fiume (+1,20 ore). Un bell’angolo, frequentato da chi vuole rilassarsi lontano dalla confusione, varie le persone che attrezzate di libro e coperta si godono al sole l’unicità di questa valle. Il sentiero rientra quasi subito nella faggeta, molto esplicita la segnaletica per cui non abbiamo dubbi sulla direzione da prendere, supera la dorsale che scende dal monte Alto con salita breve e modesta che a noi sembra invece lo spigolo del Dru tanto siamo cotti. L’uscita dal bosco è strepitosa, ancora nel buio del fogliame si apre come in un viale di un parco uno squarcio interrotto solo dal profilo delle Apuane, una cartolina che provo di portarmi a casa. L’affaccio si apre sul paso dell’Ospedalaccio, ancora lontano e sul passo del Cerreto ancora più lontano. Iniziamo davvero ad accusare la giornata, non riusciamo più nemmeno a goderci fino in fondo tanta bellezza e vorremmo solo essere arrivati. Si continua ad attraversare il leggera ombrosa discesa verso l’Ospedallaccio, incontriamo una fonte che sgorga direttamente dal terremo, l’acqua viene captata in una sorta di fontanella e non ci facciamo troppe domande, fresca al punto giusto sarà la nostra ancora di salvezza che alleggerirà l’ultima ora di cammino. Chiudiamo l’anello dove la mattina abbiamo deviato in salita per il monte Alto, per il passo dell’Ospedalaccio manca poco davvero e per quello del Cerreto un solo altro chilometro o poco più, in leggerissima costante salita che affrontiamo come fanno le mucche quando sentono “odor di stalla”, di slancio e come automi che non sanno far altro ormai che muovere passi. Il giardino dietro l’albergo (+1,10 ore) ci è sembrato l’eden dell’ultima spiaggia, ci aspettava una birra ghiacciata e gazzosa, la classica “bicicletta” rinfrescante e rigenerante, il monte Alto e L’Alpe di Succiso erano lì davanti a noi, col bicchiere in mano e seduti all’ombra ogni stanchezza si è dileguata e semplicemente le abbiamo viste come le montagne più belle di sempre. Si dice sempre che l’ultima escursione per ovvie ragioni sia sempre la più bella; oggi qui ci sono voluto tornare, da tempo volevo tornarci, avevo un ricordo bellissimo, ho ripetuto lo stesso percorso, e confermo ogni passo, ogni emozione, ogni gioia ed ogni titubanza, queste montagne sono nel mio cuore, questo anello di oggi è tra le escursioni più belle e peccato che siano lontane, perché ho intuito le infinite possibilità di divertirsi che ci sono da queste parti.